La donazione di farmacia e di quote di società titolare e il Patto di Famiglia
(il passaggio generazionale inter vivos)
PASSAGGIO GENERAZIONALE TRA VIVI
- donazione di farmacia o quote partecipative
- una forma “mista”: la donazione modale
- la donazione con patto di riversibilità
- la donazione con la riserva di usufrutto
- la donazione “cum moriar”
Le vicende “negative”:
- la risoluzione della donazione e la sua revoca.
- Le attenzioni da porre:collazione e azione di riduzione
- Il patto di famiglia una soluzione (quasi) ideale
Il passaggio generazionale della farmacia è caratterizzato da diversi steps: il titolare assume la consapevolezza di dover tramandare il proprio ruolo. Tale consapevolezza può emergere sin dalla costituzione dell’azienda, aspetto che denota un atteggiamento positivo dell’imprenditore volto a favorire la continuità dell’impresa nel tempo, oppure, in senso negativo, può essere non adeguatamente sentita e gestita o del tutto rinviata. La seconda fase della successione inizia quando l’imprenditore individua la figura del potenziale successore all’interno della propria famiglia. Tale individuazione può essere fonte di conflitti familiari e può generare anche problemi di accettazione. La terza fase, identificata come successiva alla successione, è caratterizzata dall’effettivo subentro del successore (o dei successori) nel ruolo imprenditoriale con gli strumenti del diritto che vogliamo analizzare. In tale fase, può anche determinarsi, anzi è suggeribile per un certo periodo di tempo, una coesistenza tra vecchia e nuova generazione, ma affinché la successione possa ritenersi avvenuta occorre che si sia verificato un ribaltamento dei ruoli tra le due generazioni. Ne consegue che, a successione compiuta, il precedente imprenditore laddove continui ad operare nella struttura aziendale debba limitarsi sempre più a svolgere un ruolo di supporto, senza intaccare l’autonomia decisionale e gestionale del soggetto che è subentrato nel ruolo di gestore.
- Donazione di farmacia
La donazione è definita dall’articolo 769 del Codice Civile un contratto ed in verità essa richiede per la sua perfezione il consenso, cioè l’incontro della volontà di due parti: non soltanto occorre la volontà del donante di arricchire l’altra parte senza corrispettivo, ma perché questo risultato si produca, è necessaria l’accettazione dell’altra parte. La donazione di farmacia è una delle modalità mediante le quali può essere trasferita l’azienda e assicurato il passaggio generazionale., risulta una soluzione particolarmente interessante, non solo per la sua semplicità, ma anche per il regime fiscale favorevole di cui beneficia. È dal 1° gennaio1997 che la donazione d’azienda può essere considerata un’operazione fiscalmente neutrale se al momento della stessa, il donatario (il beneficiario) assume l’azienda ai medesimi valori fiscali riconosciuti in capo al donante e se vi è prosecuzione dell’attività da parte di tutti i beneficiari della donazione. La donazione di farmacia è atta comunque condizionata al riconoscimento di titolarità da parte dell’autorità amministrativa sanitaria in capo ai donatari.
- Donazione modale
Qualora la farmacia sia invece esercitata in forma collettiva (societaria) è possibile che il titolare delle partecipazioni doni parte o la totalità delle sue quote. La donazione di partecipazioni non comporta mutamento della titolarità della farmacia che rimane in capo alla società et indi non è soggetta a deliberazione preventiva amministrativa. Gli articoli 793 e 794 del codice civile recano la disciplina della donazione modale, ossia della donazione gravata da un onere. Quest’ultimo configura un’obbligazione in senso tecnico imposta a carico del donatario (chi riceve la donazione), tenuto al relativo adempimento nei limiti del valore della cosa donata. Oggetto della prestazione, da rendere a favore del donante o di terzi beneficiari può essere “un dare, un facere o un non facere”, consistendo ad esempio nel “dare una determina somma di danaro in un’unica soluzione o periodicamente, compiere una determinata attività come prestare assistenza materiale o morale al donante o ad un terzo. La donazione modale od obbligatoria può avere anche per oggetto a norma dell’articolo 772 c.c. come si diceva, ed è questo il caso più frequente nella realtà della farmacia, l’esecuzione di più prestazioni economiche che si seguono nel tempo. Il tipico caso di donazione modale di farmacia (o di quote societarie di essa) con prestazioni periodiche è espressamente previsto dalla legge in materia di rendita vitalizia: la rendita vitalizia, come chiarisce il 2° comma dell’art. 1872 c.c. può essere costituita anche per donazione. Il requisito dell’alea, rispetto al corrispondente modello oneroso del contratto di rendita vitalizia, in cui è elemento essenziale a pena di nullità, nella donazione modale con rendita vitalizia si atteggia diversamente, determinando non già un rischio di guadagno o perdita di un contraente ma soltanto una maggiore ampiezza della donazione fatta dal donante al donatario, secondo che la durata della vita contemplata sia più o meno lunga.
*ESEMPIO *
PADRE SOCIO DI SNC FARMACIA QUOTE 90% – FIGLIO 10%
Padre dona l’80% delle quote al figlio
Valore delle quote donate: €. 1.000.000.
Il figlio costituisce in modo irrevocabile ai sensi dell’articolo 1872 e seguenti del c.c. a titolo oneroso una rendita annuale a favore del padre donante, di €. 50.000 annue.
Ai sensi dell’art. 793 del c.c. la donazione è gravata dall’onere costitutivo di una rendita vitalizia di €. 50.000 annue. Il donatario è tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti della cosa donata e ciò in ossequio al disposto di cui al secondo comma dell’articolo 793 del C.C. L’onere modale si estingue obbligatoriamente dopo 20 anni (50.000,00 x 20) o antecedentemente in caso di premorienza del donante.
- Donazione con patto di riversibilità
La condizione di riversibilità consente la restituzione al donante del bene donato, (farmacia o quote di essa) libero da pesi o ipoteche, nel caso di premorienza del solo donatario o del donatario e dei suoi discendenti.
- Donazione di quote di società di farmacia con riserva di usufrutto
La donazione con riserva di usufrutto è quella fattispecie, contemplata dal codice civile, per la quale il donante si riserva l’usufrutto dei beni donati (su una parte di essi) a proprio vantaggio. In particolare, ad occuparsene è l’articolo 796 c.c. che, peraltro, consente al donante di riservare l’usufrutto non solo a sé stesso ma anche a vantaggio, dopo di lui, di una o più persone. L’usufrutto può essere costituito tanto in sede di costituzione della società, quanto successivamente per trasferimento inter vivos o mortis causa.
- La donazione “cum moriar”
È ammessa nel nostro ordinamento la donazione “cum moriar” (per quando morirò) ed applicabile anche alla realtà della farmacia. trattasi di una donazione con la quale il donante si spoglia subito del bene a favore del donatario subordinandone però l’efficacia al momento della morte. Nel caso che il donatario premuoia al donante, della donazione non beneficeranno gli eredi del donante bensì quelli del donatario.
- La risoluzione della donazione: il mutuo dissenso
Caso non frequente è la risoluzione per mutuo dissenso della donazione che si attua tramite un accordo tra donante e donatario, adibito a sciogliere una donazione precedente, ripristinando la situazione preesistente. Quindi, con il mutuo dissenso si ha una retrocessione della donazione, ed il venir meno dei suoi effetti.
Il mutuo dissenso alla donazione estingue gli effetti del contratto di donazione, grazie ad un nuovo accordo, adibito a porre fine agli effetti di quello precedente. La risoluzione della donazione ha effetto. retroattivo, ossia i suoi effetti risalgono nel tempo, al momento in cui fu effettuata la donazione, che si considera come mai posta in essere.
Esemplifichiamo con la clausola:
…… Premesso che il dr. Bianchi donava in data ………… alla sorella dr.ssa Verdi il 30% delle partecipazioni nella Farmacia Alfa snc …., che il donante e la donataria intendono sciogliere per mutuo dissenso il contratto di donazione tra lo loro intercorso escludendo ogni ulteriore intento di liberalità da parte della dr.ssa Verdi al nei confronti del dr. Bianchi si stipula……… il dr. Bianchi e la dr.ssa Verdi dichiarano di sciogliere per mutuo dissenso e con effetto retroattivo il contratto di donazione tra loro intercorso relativamente alla piena proprietà della quota del 30% della Farmacia Alfa SNC e conseguentemente il dr. bianchi viene reimmesso nella piena proprietà della quota sociale donata ……………
- La revoca della donazione
In alcuni casi la legge permette al donante la possibilità di revocare una donazione già conclusa e perfettamente valida ed efficace. Si tratta di una sorta di “recesso unilaterale” riconosciuto in situazioni particolari. La legge prevede due ipotesi nelle quali è possibile revocare la donazione:
- La prima ipotesi è disciplinata all’art. 801 c.c. il quale prevede la possibilità di revocare una donazione per ingratitudine.
- La seconda ipotesi è disciplinata all’art. 803 c.c. il quale prevede la revoca per sopravvenienza di figli che il donante non aveva o né ignorava l’esistenza al momento in cui è stata effettuata la donazione. La legge, quindi, permette al donante la possibilità di revocare la donazione nella presunzione che lo stesso, al momento in cui è stata effettuata il donante non aveva alcun figlio, e non anche quando ne aveva in numero minore.
- La revoca per ingratitudine si può realizzare quando il donatario abbia tenuto alcuni comportamenti particolarmente gravi in danno del donante.
- La collazione
La collazione è l’atto con cui gli eredi del defunto, conferiscono alla massa ereditaria – intesa come l’insieme dei beni che saranno oggetto di eredità – tutti i beni mobili comprese aziende e quote societarie e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando questi era in vita. Le donazioni fatte dal defunto quando era in vita possono infatti incidere anche significativamente sia sul complesso dei beni lasciati dal defunto, sia, di conseguenza, sull’entità delle porzioni di beni spettanti a ciascuno degli eredi. Con la collazione, la legge intende pertanto ripristinare, a favore dei parenti più stretti del defunto, l’uguaglianza di trattamento nella ripartizione del patrimonio ereditario. La donazione, quindi, è considerata come «un anticipo sulla futura successione.
ESEMPIO
Si ipotizza che il defunto lasci il coniuge e tre figli e che non ci sia un testamento. Si ipotizza altresì in 1.500.000.000 il valore del patrimonio (cosiddetto relictum) lasciato alla sua morte e in 1200.000.000 il valore di una farmacia dal medesimo donati ad un solo dei suoi figli. IL VALORE DEVE ESSERE QUELLO ALLA DATA DI APERTURA DELLA SUCCESSIONE salvo casi particolari che ivi non si vogliono affrontare). Per il calcolo della legittima occorre: a) formare anzitutto la cosiddetta “massa fittizia” e cioè sommare il valore dei beni relitti e di quelli donati (150 + 120 = 27000.000); b) stabilire quanto di essa è riservato a ciascuno dei “legittimari” (nel nostro caso: 3/12 alla moglie, 6/12 ai figli, da suddividere in parti uguali e cioè in 2/12 per ciascun figlio; i restanti 3/12 costituiscono la “quota disponibile”); e, alfine: c) verificare se ciascuno degli interessati ha ricevuto quanto gli spetta e, in caso negativo, far luogo agli opportuni rimedi. Nel nostro esempio, spettano i seguenti valori: – alla moglie, 675.000 (ma nell’eredità ella ne trova solo 500.000, cioè i 3/9 di 1500.0000, vale a dire la quota ad essa dovuta sul patrimonio relitto in assenza di testamento), cosicché ella è in “credito” di 175.000; – a ciascun figlio 450000 (ma in eredità ce ne sono solo 333330 per ciascuno e cioè i 2/9 di 1500.000, vale a dire la quota a ciascuno di essi dovuta sul patrimonio relitto in assenza di testamento); mentre la quota “disponibile” è di (270 – 67,5 – 45 – 45 – 45 =) 675.000,00; C’è dunque un figlio che appunto ha ricevuto una donazione di 12000000 (si ipotizza che non si tratti di una donazione da imputare alla legittima ma da soddisfare sulla quota disponibile): ebbene, gli altri legittimari possono chiedere a costui di “ridurre” la propria donazione di quel tanto che occorre perché le quote degli altri legittimari siano del valore loro spettante. Per tanto: a) il figlio donatario la farmacia consegue tutta la disponibile (675.000,00) e la sua legittima (450.000,00), entrambe “a valere” sulla donazione ricevuta di 12000000 (67,5 + 45 = 112,5 – 120 = – 75.000); in altri termini, questo figlio non partecipa alla divisione del relictum, in quanto subisce una “riduzione” della propria attribuzione ereditaria per aver ricevuto la donazione; b) la moglie e i due figli non donatari prelevano quanto loro dovuto (67,5 la moglie, 45 ciascun figlio = 157,5) in parte dal relictum (per 150) e in parte dalla riduzione della donazione (appunto per 7,5). il calcolo è complesso ma sta a significare che le donazioni non possono alterare i diritti di legittima |
- Dispensa dalla collazione
La disciplina della collazione è derogabile: lo stesso art. 737 c.c. ammette la dispensa dalla collazione: ma specifica, al comma 2, che la dispensa non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.
Ciò significa che, qualora una donazione ecceda il limite della disponibile (che è possibile conoscere solo all’apertura della successione), la dispensa opera esclusivamente per la parte che tale limite non supera, mentre – per la restante parte – si tratta di una donazione non dispensata. E che in tal caso automaticamente, senza necessità di domanda da parte di alcuno, la porzione eccedente deve essere conferita ai coeredi collatizi per la divisione. È generalmente ammessa la dispensa tacita, desumibile però soltanto da una chiara, ed inequivoca, manifestazione tacita di volontà. E si ritiene che la dispensa, quando sia contenuta nello stesso atto di donazione, sia irrevocabile.
- L’azione di riduzione
L’azione di riduzione è un’azione giudiziale che trova compiuta disciplina agli articoli 554 e seguenti del codice civile, e soprattutto all’articolo 564 del codice civile. L’articolo 564 recita infatti:
“Il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio d’inventario e che ne è decaduto. In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato. Il legittimario che succede per rappresentazione deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo ascendente. La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori. Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da imputazione.”
- L’azione di riduzione è quindi la forma di tutela riconosciuta ai legittimari per ottenere giudizialmente la quota di legittima così come determinata dall’articolo 556 del codice civile.
- Questa forma di tutela è riconosciuta dal codice civile ai soli legittimari: stretti congiunti del defunto a cui la legge riconosce particolari diritti e quote sul patrimonio del defunto. L’azione di riduzione spetta anche agli eredi ed agli aventi causa dei legittimari.
- Il legittimario che ritiene di aver subito una lesione, totale o parziale, della sua quota di legittima per le donazioni compiute in vita dal defunto o per le disposizioni testamentarie può quindi esercitare entro dieci anni dall’apertura della successione l’azione di riduzione, ossia chiedere al Giudice un provvedimento che disponga di ridurre le attribuzioni disposte a favore di altri chiamati e di terzi (legati compresi), per riequilibrare e integrare la propria quota di legittima. Se il legittimario è vittorioso, ma il beneficiario (donatario o erede testamentario) non restituisce spontaneamente i beni, dovrà essere esercitata sempre nei suoi confronti anche l’azione di restituzione.
- il patto di famiglia
La fattispecie del patto di famiglia e le sue regole principali
È un contratto con il quale:
il Disponente
proprietario di un’azienda (titolare di farmacia);
proprietario di una quota di partecipazione al capitale di una società (socio di una società titolare di farmacia);
trasferisce detta azienda o dette quote a:
uno dei suoi discendenti (art. 768-bis c.c.) (il Legittimario Assegnatario)
e, nel contempo,
gli altri discendenti (i Legittimari non Assegnatari)
ricevono una liquidazione (art. 768-quater2 c.c.).
Nella futura successione mortis causa del Disponente: quanto ricevuto dai partecipanti al patto di famiglia non sarà soggetto all’obbligo di collazione; quanto ricevuto dai partecipanti al patto di famiglia non sarà soggetto all’azione di riduzione (art. 768-quater3-4 c.c.).
Con l’emanazione della L. 14 febbraio 2006, n. 55, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’istituto del “patto di famiglia” che consente al titolare dell’impresa di anticipare il momento del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni sociali ai discendenti o al discendente che si sia dimostrato maggiormente idoneo alla gestione dell’impresa. Il patto di famiglia è un contratto plurilaterale, inter vivos, ad effetti reali rientrante nell’ambito degli atti a titolo gratuito, che consente difatti di realizzare un duplice obiettivo: da un lato, prevenire il radicamento di liti ereditarie e la disgregazione di aziende o partecipazioni societarie, dall’altro, l’assegnazione di tale complesso di beni a soggetti inidonei ad assicurare la continuità gestionale dell’impresa.
Principi generali:
- Al contratto devono partecipare, secondo quanto previsto dall’ 768 quater, comma 1 c.c., non solo il disponente e beneficiario, ma anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
- Sulla base del disposto ex art. 768 quater, comma 2 c.c., gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie sono inoltre tenuti a liquidare, in denaro od in natura, gli altri partecipanti al contratto, a meno che questi ultimi non vi rinunzino in tutto od in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote, così come previsto dall’ 536 c.c.e seguenti.
- L’art. 768 quater, comma 4 c.c. prescrive, infine, che quanto ricevuto dai contraenti non può essere soggetto ad azione di collazione o di riduzione
- Secondo quanto disposto dall’ 768 quinquies, comma 1 c.c., il patto di famiglia può essere oggetto di impugnazione da parte dei partecipanti ai sensi dell’art. 1427 c.c. attraverso l’esercizio dell’azione di annullamento del contratto.
- L’azione di annullamento può dunque essere esercitata per le cause rappresentate dall’errore, violenza e dolo.
Il patto di famiglia verticale
Si ritiene che la compensazione possa essere effettuata anche dal disponente (il titolare della farmacia o delle sue quote) attraverso il cosiddetto patto verticale, opposto allo schema orizzontale nel quale l’imprenditore attribuisce l’azienda o le partecipazioni ad un discendente e sarà poi quest’ultimo a compensare i legittimari. In estrema sintesi, nel patto verticale l’imprenditore assegna l’azienda o le partecipazioni societarie ad un discendente e provvede a liquidare gli altri con altri beni (immobili, denaro etc). Nel caso in cui la liquidazione fosse effettuata direttamente dal disponente, non necessariamente si dovrà verificare la corrispondenza tra il valore del credito vantato dagli eredi verso l’assegnatario dell’azienda e il valore del bene trasferito dal disponente stesso. Secondo alcuni, pertanto, ove tale valore (al netto di quanto attribuito ai legittimari non assegnatari) alla morte del disponente dovesse superare la quota di legittima sull’azienda o sulle partecipazioni societarie, l’eccedenza andrebbe trattata come liberalità. E come tale soggetta comunque a collazione e all’azione di riduzione.
Nel patto sono comunque precluse azioni di collazione e riduzione: – I legittimari non assegnatari che hanno partecipato all’atto non potranno esperire azione di riduzione per lesione di legittima rispetto al trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni; – L’assegnatario non potrà esperire azione di riduzione relativamente alle attribuzioni patrimoniali ricevute dagli altri legittimari; – Né l’uno né gli altri in sede di divisione ereditaria potranno richiedere la collazione di quanto ricevuto con il patto di famiglia.
ESEMPIO
Un caso più articolato di patto
Padre ha 70 anni e detiene il 100% di una società farmacia S.r.l. a socio unico, ha due figli: Tizio 40 anni farmacista, che da alcuni anni è dipendente della società; Caio, 35 anni, che non si è mai occupato della farmacia ma si occupa tra l’altro degli immobili di famiglia. Il padre intende quindi trovare una soluzione che gli consenta di (i) garantire continuità alla farmacia ed evitare forme di cogestione della stessa in occasione della propria morte; (ii) avere, sino al compimento di 73 anni, il diritto di continuare ad essere amministratore della società farmacia ritenendo ancora auspicabile la sua presenza e un potere di veto su talune operazioni e, (iii) vita natural durante, la possibilità di ottenere dalla società un beneficio economico tale da garantire un adeguato tenore di vita per sé e per la moglie madre del beneficiario: Soluzione: Il padre, in primo luogo, provvede a modificare lo statuto sociale prevedendo l’attribuzione in capo a se medesimo di un diritto particolare, ex art. 2468 c.c.co 3 che preveda: • Il diritto ad essere amministratore della società, per un triennio; • Il diritto di veto, sino al medesimo termine, in relazione (i) ad acquisizioni, dismissioni e trasferimenti di beni immobili, beni mobili registrati, azienda II) Il diritto di ricevere, vita natural durante, a prescindere dalla percentuale di partecipazione detenuta nella società, il 35% delle distribuzioni di utili. A Caio, in ragione della sua quota di legittima, quanto gli spetterà venga si conviene che venga dilazionato in 5 anni secondo rate annuali che saranno corrisposte dal fratello assegnatario, mentre la madre rinuncerà alla liquidazione che le spetterebbe. Si procede quindi alla stipula del patto di famiglia mediante il quale: (i) Il padre trasferisce il 95% delle proprie partecipazioni in favore del figlio Tizio, con applicazione dell’esenzione da imposta di successione e donazione ex art. 3 co. 4-ter del DLgs. 346/90 (TUS); (ii) La madre rinuncia alla liquidazione di quanto spettante; (iii) Caio verrà liquidato secondo le modalità suddette; (iv) Il padre, in forza dei diritti particolari attribuitigli, potrà ottenere quanto ha disposto in patto.
- Per approfondire: L’individuazione delle operazioni societarie idonee a determinare un risultato liberale. La donazione indiretta tramite conferimento neutrale.
Poiché per aversi effetto donazione (è necessario l’arricchimento del “patrimonio personale” di una parte e il depauperamento del “patrimonio personale” dell’altra parte, ne consegue che, a tal fine, l’operazione societaria deve possedere caratteristiche tali da poter costituire causa e titolo per l’uscita dal patrimonio del disponente e per l’ingresso nel patrimonio del beneficiario di valori patrimoniali. Un effetto liberale potrebbe essere ottenuto con le seguenti operazioni che assumo il carattere di donazioni indirette. La donazione indiretta è contemplata nell’art. 809 c.c. che dispone: Le liberalità anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine [801 c.c.] e per sopravvenienza di figli [803 c.c.] nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari [553 ss.]. La donazione indiretta è una particolare forma di donazione che, pur essendo posta in essere con forme diverse rispetto a quelle tipiche della donazione, produce gli effetti di un atto di liberalità, ossia l’impoverimento del donante e l’arricchimento del donatario. Sono considerate esempi di donazione indiretta, ove vi sia spirito di liberalità, la remissione di debito, la rinuncia dell’eredità pura e semplice, il contratto a favore di terzo, ecc.
Un caso comune nell’ambito della farmacia è quello del conferimento societario attuato in previsione dell’articolo 176 Tuir. Con il conferimento, come sappiamo si origina una sorta di trasformazione della ditta individuale in Società. Indi la farmacia non è più in titolarità unica ma della società che ne è titolare ai sensi dell’articolo 7 della Legge 362/1991 e che può essere composta da due o più soci.
Una precisazione esemplificativa fondamentale. Questo insieme di beni che è l’azienda farmacia avrà, nelle scritture contabili del soggetto che effettuerà poi il conferimento corrisponde ad un certo valore contabile, dato dalla differenza tra le poste attive e quelle passive quali risultano dalla contabilità (l’art. 176 non prevede l’emersione dell’avviamento componente più’ sostanziosa del valore dell’azienda conferita) ma avrà anche un suo valore “reale” o valore corrente che contrariamente al primo comprenderà anche il valore di avviamento. Ora che accade se il socio non titolare apporta denaro in proporzione al valore contabile rispetto al socio conferente che apporta la farmacia?
Esempio semplicissimo: Valore contabile (differenza attivo/passivo) corrispondente al patrimonio netto €. 50.000,00 contro un valore reale con avviamento Farmacia di €.1.250.000,00 Ora se si stabilisse di costituire una società per conferimento al 50% tra i soci contabilmente il dr. X, apporterebbe il 50% del valore contabile indi €. 25.000,00 e il secondo socio Y egual apporto in denaro, ma si palesa che secondo il valore economico X ha acquisito metà farmacia (quote di essa) del valore di 625.000,00 con un versamento di soli 25.000,00 euro.
Trattasi di una tipica donazione indiretta laddove il donante attua la liberalità ricorrendo a un mezzo giuridico diverso dalla donazione tipica; in altre parole, nelle donazioni indirette la liberalità coincide con il risultato dell’atto, mentre nelle donazioni dirette la liberalità costituisce il contenuto, l’oggetto immediato dell’atto. Dunque, causa societatis, non vi è dubbio che il «fenomeno in esame si inquadra nel più vasto ambito delle attribuzioni patrimoniali indirette». È certo, qualunque siano i motivi che fondano, sul piano dei rapporti inter socios, la scelta di procedere ex art. 176 Tuir realizza l’effetto indiretto di arricchire l’altro socio, dal momento che il valore effettivo della partecipazione si accresce. Si palesa il fatto che le operazioni societarie suddette si prestino alla realizzazione di un risultato liberale, a favore di un socio tramite le modalità sopra indicate e che non si possa che discorrere di liberalità indiretta, intendendosi come tale quella attuata non con il contratto tipico di donazione ma mediante altro strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla causa donandi e tuttavia in grado di produrre, unitamente all’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto indiretto di un arricchimento senza corrispettivo voluto da una parte a favore dell’altra.
Anche a codeste “liberalità atipiche” si applica il regime delle donazioni ex art. 769 c.c., limitatamente alla disciplina della revocazione (artt. 800 e ss. c.c.), a quella della riduzione per reintegrare la quota dei legittimari (artt. 555 e ss. c.c.) e a quella della collazione (art. 737 c.c.)
La nullità del patto successorio (nell’ambito divisionale)
Esemplifichiamo: Tizio, imprenditore, vedovo e padre di due figli, Caio e Filano, è titolare esclusivamente di una farmacia molto produttiva. Non risulta titolare di beni immobili, né di titoli mobiliari. Intenderebbe redigere un testamento per mezzo del quale lasciare la farmacia al figlio Caio che ha sempre lavorato con lui, con l’onere, in capo a quest’ultimo, di liquidare il fratello con denaro proprio, quando Tizio sarà deceduto. La fattispecie, molto frequente nella prassi, è stata reputata nulla dalla Corte di cassazione; il nostro ordinamento, infatti, tutela l’intangibilità meramente quantitativa della quota riservata ai legittimari, lasciando il più ampio spazio di manovra al testatore dal punto di vista qualitativo; tuttavia, purché si tratti di beni compresi nell’asse ereditario. Sarà nulla, dunque, la divisione predisposta dal testatore che, in mancanza di denaro nell’asse ereditario, imponga all’erede beneficiato con l’azienda, di soddisfare con denaro proprio le aspettative ereditarie degli altri legittimari.
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