La Risoluzione anticipata del contratto di locazione con risarcimento del danno.
Cassazione S.U 4892 del 25. 02.2025
Una significativa (ma sempre leggermente sibillina) pronuncia di Cassazione sul fatto abbastanza comune della risoluzione anticipata di un contratto di locazione commerciale per inadempimento del conduttore e le conseguenze risarcitorie di cotale fatto.
È noto che l’art. 27 della Legge 392/78 negli ultimi due commi recita: È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Il caso affrontato dagli Ermellini riguarda una fattispecie che si pone al di fuori delle previsioni normative sopra citata, va da sé che, se il contratto locativo prevede in modo espresso la facoltà di risoluzione anticipata del contratto nessun risarcimento al locatore è dovuto così come qualora ricorra una giusta causa. La giusta causa si riferisce ad una circostanza sopravvenuta e imprevedibile rispetto al momento della conclusione del contratto e non dipendente dalla volontà del conduttore, tale per cui è impossibile la prosecuzione del contratto.
Poniamo invece il caso classico della farmacia conduttrice che vuole dismettere una locazione unicamente per il fatto che voglia spostarsi in locali diversi da quelli locati.
La Cassazione si è pronunciata sulla questione se il locatore, allorché il contratto venga disdetto per inadempimento contrattuale del conduttore abbia o meno diritto ad ottenere un risarcimento consistente nei canoni che avrebbe potuto percepire fino alla scadenza naturale del contratto (i sei anni).
Per la Suprema Corte, il locatore ha diritto al risarcimento del danno per mancato guadagno, ma con il limite che lo stesso proprietario dimostri (?) e qui è il vulnus, di essersi tempestivamente attivato, una volta riottenuta la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione, ovviamente fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al “canone” della buona fede.
Quanto all’ammontare del detto danno, la Cassazione in sentenza citata esclude che la quantificazione del danno vada calcolata con l’automatismo della somma dei canoni non percepiti sino alla scadenza naturale del contratto è il locatore, lo si ribadisce, che deve dimostrare che nonostante la restituzione del bene prima della scadenza, di essersi attivato al fine di rendere pubblica o meglio conoscibile la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione (mandato ad una agenzia per esempio). La immobilità del locatore in questo senso sposta la responsabilità nel suo campo per il mancato guadagno nonostante la risoluzione anticipata.
Un principio tutto da traslare sui fatti, in quanto il comportamento del locatore per essere giudicato inerziale richiede una valutazione temporale del suo agire non sempre facile da valutarsi anche se la lungaggine dei contenziosi giudiziali certo lasciano un lasso di tempo non di poco conto per le valutazioni de quibus.
Ritornato poi sulla giusta causa già La Suprema Corte nel 2022 aveva ribadito che È precisato infatti che “la gravosità della prosecuzione della locazione, che deve avere una connotazione oggettiva, non può risolversi nell’unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo”, quanto piuttosto deve “consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata”.
Lo spostamento della farmacia in altra sede non sembra ossequiare tale principio, da qui il consiglio dell’inserimento della clausola in contratto del libero recesso ex art. 27 Legge 392/78.
Marino Mascheroni