Con la modificazione dell’art. 7 della Legge 362/1991 che ammette la titolarità della farmacia delle società di capitali ( in particolar modo le società a responsabilità limitata) si pone, tra i molti il problema della diversa disciplina della successione mortis causa delle partecipazioni sociali.
La morte di un socio di una società a responsabilità limitata è un evento che, in genere, non comporta conseguenze di particolare rilevanza per la vita della società.
La legge, infatti, prevede che le partecipazioni in società a responsabilità limitata siano liberamente trasmissibili non solo per atto tra vivi, ma anche a causa di morte del socio. Ne consegue che gli eredi di un socio di srl di regola succedono al socio defunto, acquisendo la sua partecipazione.
Allorchè gli eredi, cui viene devoluta la partecipazione della farmacia srl, siano almeno 2 e il de cuius non abbia disposto per testamento, i beneficiari risulteranno contitolari della partecipazione in comunione ereditaria. L’art. 2468 c.c. al comma V dispone che in tal caso venga nominato un rappresentante comune per l’amministrazione della quota stessa, eletto dalla maggioranza semplice dei soci che partecipano alla comunione ereditaria.
L’art. 2284 C.C che nelle società personali prevede la cessazione del rapporto sociale in caso di morte del socio – articolo non applicabile all’ipotesi in esame ma dal quale è possibile trarre un principio applicabile per analogia alla situazione in oggetto – possiamo desumere che il venir meno dell’intuitus personae giustifica modificazioni contrattuali nell’ambito dell’organizzazione societaria, cioè un prevalere dell’interesse societario sull’interesse del singolo, che trova – nelle società personali – solo un temperamento di natura patrimoniale con il diritto degli eredi del socio a ricevere il valore della partecipazione del proprio dante causa, non invece un diritto a continuare a partecipare all’organizzazione societaria; c) nel caso in esame, la trasferibilità della partecipazione rende inutile una regolamentazione analoga a quella prevista dall’art. 2284 C.C., in quanto i diritti degli eredi del socio defunto sono comunque tutelati e non solo sul piano patrimoniale, in quanto è loro consentito di entrare a far parte dell’organizzazione societaria; tuttavia, l’estinzione del diritto particolare con l’estinzione del titolare del diritto non comporta alcuna pretesa né di continuità nello stesso diritto particolare (perché semmai si tratterebbe di costituzione di un nuovo diritto) né di alcun ristoro di natura patrimoniale ulteriore (proprio perché il diritto particolare naturalmente non è trasmissibile e si estingue con il suo titolare e l’intuitus personae in ambito societario vale a giustificare comunque una prevalenza dell’interesse dell’organizzazione sull’interesse del singolo). (CNN 138/2011-I)
Tuttavia, i soci superstiti al socio defunto come nelle società di persona possono avere interesse ad evitare che nella compagine sociale subentrino gli eredi del de cuius, soprattutto in realtà numericamente modeste come accade nelle farmacie.
Per rendere concreto tale interesse è necessario che l’atto costitutivo della srl preveda espressamente delle limitazioni alla libera trasferibilità delle quote, in caso di morte del socio, agli eredi o ai legatari del defunto. Tali possono essere le clausole statutarie che stabiliscono, ad esempio:
l’intrasferibilità delle quote, assoluta o relativa (subordinata al gradimento da parte degli organi sociali, di soci o di terzi):
“Le partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo.”.
“Le partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte, con deliberazione di almeno il 75% del capitale sociale.”.
In sostanza, a seguito dell’apertura della successione di un socio di società di capitali, andrà innanzitutto verificata l’eventuale esistenza di clausole statutarie limitative della circolazione mortis causa; in mancanza, l’erede (previa accettazione dell’eredità) o il legatario (direttamente, in virtù del principio di acquisto automatico del legato, salvo rinunzia: art. 649 c.c.) diventeranno titolari delle partecipazioni, acquistando peraltro la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali solo a seguito dell’adempimento delle suindicate formalità prescritte dalla legge.
la consolidazione della quota del defunto in capo agli altri soci;
Il contratto sociale contenere la c.d. clausola di consolidazione che prevede il progressivo consolidamento delle quote dei soci deceduti in capo ai soci superstiti.
Le clausole di consolidazione possono essere pure, e cioè stabilire la consolidazione delle quote dei soci deceduti in capo ai superstiti escludendo però il diritto alla liquidazione della quota. Tali clausole sono state ritenute invalide o per violazione del patto leonino o perché rappresentanti un patto successorio ex art. 458, in quanto escludono del tutto la libertà testamentaria.
Sono invece valide le clausole di consolidazione cd. impure che prevedono che la quota venga liquidata tenendo conto del valore effettivo della stessa o secondo determinati criteri .
In una posizione intermedia si collocano le clausole di consolidazione al valore nominale, che pur riconoscendo il diritto alla liquidazione della quota, ancorano il relativo valore al mero rimborso del valore del conferimento.
l’obbligo di acquisto della quota del defunto da parte degli altri soci. Queste clausole, però, se possono impedire o limitare il subingresso degli eredi o legatari nella compagine sociale della srl, in nessun caso potrebbero avere l’effetto di impedire agli eredi di ottenere la liquidazione della quota del defunto in alternativa all’acquisto della qualità di socio.
Infatti nel momento della morte del socio di una srl, sorge nel patrimonio ereditario del de cuius un diritto di credito alla liquidazione della quota ai sensi dell’art.2284 c.c.
Tale credito fa parte della comunione ereditaria e quindi non si divide automaticamente tra gli eredi. Ne consegue, che prima di poter disporre anche solo di una quota di detto credito, bisognerebbe procedere a divisione ereditaria.
Se così non si facesse, infatti, si avrebbero atti di disposizione del singolo credito o di quota parte dello stesso, sospensivamente condizionati dall’esito divisionale, e quindi medio tempore inefficaci.
Soggetto passivo dell’obbligazione de quo è la società.
Per quanto riguarda le modalità della liquidazione della quota, esse sono disciplinate
dall’art. 2289 c.c. :< Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota.
La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.
Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime. Salvo quanto è disposto nell’art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.>.
Si pongono a carico della società l’obbligo di liquidare la quota stessa, e a carico degli amministratori quello di rendere il rendiconto della società al fine di consentire la formazione, in nome e per conto della società, di una situazione patrimoniale straordinaria aggiornata, nel rispetto dei criteri di redazione del bilancio ed ai fini dell’assolvimento dell’onere della società di provare il valore della quota; di fronte all’inadempimento dell’obbligo di rendiconto, il giudice può deferire ai soci amministratori il giuramento suppletorio per la determinazione del quantum debeatur.
Per poter effettuare il calcolo della liquidazione della quota in favore degli eredi del socio defunto deve tenersi conto dell’effettiva consistenza economica dell’azienda sociale all’epoca dello scioglimento del rapporto, comprendendovi anche l’avviamento (si suggerirebbe che l’inclusione dell’avviamento, valore di rilevanza in una farmacia, sia ben espresso nello statuto sociale, vista la sussistenza della possibilità che esso sia escluso nel conteggio con patto contrario) : l’onere di provare il valore della quota del socio defunto, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio defunto, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del de cuius, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento.
In caso di mancato o parziale assolvimento di tale onere il giudice di merito può disporre consulenza tecnica d’ufficio la quale esprima, anche sul fondamento dei documenti prodotti, una valutazione per la liquidazione della quota ed apprezzarne liberamente il parere senza necessità, quando ne faccia proprie le conclusioni, di una particolareggiata motivazione o di un’analitica confutazione delle eventuali diverse conclusioni formulate dai consulenti di parte.
Marino F. Mascheroni