ANCORA SULLA DONAZIONE CON ONERE MODALE

Di Marino Mascheroni 11/11/2025

L‘ufficio non può riqualificare un contratto di donazione modale in costituzione di rendita vitalizia, senza verificare in concreto l’effet­tiva aleatorietà del rapporto. L’at­to, infatti, ai fini dell’imposta di re­gistro va interpretato sulla base della volontà reale delle parti espressa nel negozio giuridico soggetto a registrazione, poiché si tratta di un tributo sulla “ricchez­za” espressa dall’atto. A dirlo è la Ctp Brescia 690/2/2025

La sentenza riconosce come atto di donazione modale il contratto con cui una madre 87enne aveva donato al proprio figlio quote societarie per 488.941,24 euro, ponendo a carico del figlio/beneficiario l’onere di cor­rispondere alla madre/donante una rendita vitalizia del valore contrat­tuale di 14.400 euro annuali. In par­ticolare l’ufficio, prendendo in con­siderazione il valore contabile delle quote sociali donate e della rendita vitalizia, come indicato nel rogito e senza procedere a una loro capitaliz­zazione, aveva negato il carattere li­berale proprio della donazione ri­qualificando l’atto come costituzio­ne di rendita vitalizia, soggetta al versamento dell’imposta di registro in misura proporzionale.

Così operando, tuttavia, l’am­ministrazione avrebbe messo in relazione il valore della rendita, po­sta quale onere a carico del donata­rio, come emergente dall’atto di donazione, con quello delle quote societarie trasferite, omettendo di procedere a una capitalizzazione del vitalizio per rendere il suo valo­re attuale e, dunque, raffrontarlo con il valore del cespite donato, così valutando il concreto interesse perseguito dalle parti.

Il collegio ha respinto la tesi del­l’amministrazione, in base ai se­guenti elementi:

  • la mancanza di aleatorietà del­l’atto soggetto a registrazione, che è invece propria del contratto costi­tutivo di rendita vitalizia;

  • l’elevata età della madre donante ( 87 anni);

  • l’assenza di sproporzione tra il valore delle prestazioni dovute dal figlio/beneficiario, attualizzate nel loro ammontare, rispetto alle quote societarie donate.

     In base all’articolo 20 del Dpr 131/86 l’imposta di registro viene applicata «secondo la intrinseca na­tura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione» che impongono di verificare l’onere po­sto a carico del beneficiario della do­nazione e la sua gravosità in termini economici rispetto al valore del ce­spite patrimoniale donato. In tal senso , quando il beneficiario è prossimo alla morte, per età o ma­lattia, e l’entità della rendita è infe­riore al frutto o agli utili ricavabili dal cespite patrimoniale trasferito sono escluse l’aleatorietà e la costi­tuzione di una rendita vitalizia (Cas­sazione 1467/18 e 20645/18).

     Nel caso in esame il valore della rendita, come capitalizzata in consi­derazione dell’età del beneficiario (87enne), era inferiore alle quote do­nate. Pertanto, il negozio giuridico non poteva qualificarsi come rendi­ta vitalizia, ma come donazione mo­dale. Nel caso di specie, la rendita è solo un modo per limitare o ridurre il valore della liberalità posta in esse­re, non potendosi qualificare come corrispettivo per la cessione delle quote, capace di imprimere al con­tratto un carattere di onerosità.

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